Caccia all’uomo

Ebbene, come nella migliore delle tradizioni italiane, all’ennesimo tragico fatto di cronaca corrisponde l’ennesima caccia all’uomo. È ormai statistico, non ci possiamo fare nulla, fa parte della nostra cultura. E così, a pochi giorni (in genere già a poche ore dal fattaccio di turno), indossiamo il camice bianco della scientifica, accendiamo la lampada ministeriale sulle nostre scrivanie, afferriamo vigorosamente la lente d’ingrandimento impolverata a furia di restar seppellita nel cassetto dall’ultimo delitto e, vestiti i panni si Sherlock Holmes, scendiamo in strada alla ricerca di indizi, come provetti investigatori.
Nelle ultime ore ho leggiucchiato qua e là vari blog “paralleli”, scritti da persone rispettabilissime per carità, non sono qui a mettere in dubbio questo, ma è sui contenuti che avrei qualcosa da ridire. C’è chi, esperto di GPL e gas pesanti in generale, parla di fandonie su quel che ci è stato raccontato sulla dinamica degli eventi, affermando tutta una serie di cose che andrebbero a sposarsi malamente con quelle poche cose che si sono apprese dai canali ufficiali. C’è ancora chi continua a parlare di attentato mafioso, o ancora chi punta il dito in modo ostinato contro lo Stato. Bene, è giusto che ognuno abbia la propria idea in merito ad una determinata questione, ma è bene secondo me fare attenzione a tutta una serie di controindicazioni. Viviamo in un’epoca in cui la comunicazione e lo scambio di informazioni la fanno da padrone, siamo letteralmente schiavi di internet, della televisione e di quel flusso di informazioni che ci bersagliano da quando ci svegliamo al mattino a quando andiamo a letto alla sera, senza contare gli scambi di opinioni con amici, conoscenti o colleghi che in qualche modo rischiano di influenzare le nostre convinzioni. Ed è così che basta poco a scatenare l’inferno con la diffusione di notizie che hanno tutta l’aria di essere “strampalate”. Ad esempio, senza voler mettere in discussione la buona fede dell’esperto di gas, siamo veramente sicuri che le nozioni contenute nel suo post siano del tutto vere? In genere si tende a fidarsi di quanto esposto in un articolo ben scritto, in modo chiaro e di semplice comprensione, ma è sempre tutto oro quello che luccica?
Ed è così che mi pingo automaticamente la seconda domanda: quanto fa bene alle indagini la diffusione di notizie “secondarie” nell’impatto che hanno sull’opinione pubblica?
E qui veniamo al dunque, a quei fotogrammi che ritrarrebbero l’autore della strage di Brindisi azionare il telecomando che ha innescato lo scoppio della bomba davanti alla scuola “Falcone-Morvillo”. Era davvero necessario diffonderli? Stamattina questa stessa domanda è stata posta da una giornalista di Rai news 24 a Gianni Ruotolo, il giornalista de La Stampa che sta firmando la cronaca dei fatti brindisini. Ruotolo si è giustificato dicendo di aver scelto di diffondere le immagini perché tanto l’attentatore sapeva perfettamente dell’esistenza del video, dopo che radio e tv hanno affrontato l’argomento. E quindi non c’era nulla di azzardato – secondo Ruotolo – a pubblicare quei fotogrammi sulla carta stampata.
Secondo me è qui che sta il problema, in quello che può scatenare (e forse ha già scatenato) la diffusione di certe immagini. Come prima cosa, credo che chiunque di noi abbia cercato in quella figura umana, una qualsivoglia somiglianza con qualcuno dei nostri conoscenti, pur non essendo affatto brindisini, perché in fondo le immagini servono proprio a questo. Il secondo step è quindi quello di fissarci nella mente quella figura, quei lineamenti fisici, quella corporatura. Metti caso che ce lo troviamo davanti, vuoi mica perdere l’occasione di riconoscerlo al volo? Appunto.
Mettiamo il caso che un cittadino brindisino incontri per strada qualcuno che somigli anche lontanamente a quell’uomo? Quanti avvertirebbero le autorità competenti e quanto, sull’onda delle emozioni, procederebbero da sé?
Penso che questa diffusione estrema di elementi sia nociva, perché ha l’unico risultato di alimentare la caccia all’uomo, che almeno in via teorica dovrebbe essere prerogativa esclusiva degli inquirenti. E da qui si generano anche gli assedi davanti alle questure, come è accaduto oggi a Brindisi, dove pare che un gruppo di giovani si sia avventato contro una macchina civetta della polizia pensando che all’interno della macchina ci fosse l’assassino. Calci e pugni contro la carrozzeria per manifestare la rabbia contro l’attentatore. Ma in quella macchina c’erano solo agenti in borghese, che sarebbero potuti essere finiti “in pasto” alla folla indignata e sconvolta.

Quindi, secondo il mio modesto (e forse sconsiderato) parere, ritengo che certi elementi non debbano mai emergere prima del tempo. Sarebbe più utile agli inquirenti che si trovano così ad operare in un clima piuttosto teso e che oltre a pensare alle indagini si devono occupare della categoria dei neo giustizieri della notte.
Ma anche questa è pura utopia, in fondo siamo figli dei plastici di Bruno Vespa, delle lunghe maratone televisive con il criminologo di turno, del turismo macabro e di una sete di sangue sempre maggiore. Dunque si salvi chi può, dopo il tempo delle lacrime per Melissa, arriva la spettacolarizzazione delle indagini e attenti, accanto ad ognuno di noi c’è un profiler pronto a incastrarci al primo passo falso.

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